Category: U.S.A. 2009

AUSTIN, TX 18 – 21 marzo 2009

Rieccoci qui, sul suolo a stelle e strisce…
Austin, Texas. la mia prima volta. E’ inequivocabilmente la città del festival, il SXSW vive per questo, vive anche di questo e lo si respira appena messi i piedi in città. il tutto si snoda in Downtown, con la 6th ave. e Riverside a farla da padrone e Congress ave. come appendice altrettanto interessante. E’ una specie di delirio tarantiniano, stile “dal tramonto all’alba” a partire dal tardo mattino in Congress fino ad esplodere sera e notte in Downtown. 300 band al giorno circa, ogni genere di musica, tanta spazzatura ma anche tante ottime proposte, da ogni parte del mondo. Il livello medio è decisamente alto.


Iniziamo il 19 (il 18 abbiamo avuto solo le forze per scaricare la roba in hotel e andare a mangiare una bistecca colossale prima di svenire dopo quasi 24 ore di viaggio), è il giorno del nostro showcase ma ci muoviamo presto per iniziare ad entrare nel clima…a proposito: giornata meravigliosa che ci permette di pranzare all’aperto e iniziare a vedere qualche band.
Le prime sono delle cowgirls fighissime che fanno una sorta di country-rock’n’roll niente male. Accanto un taco-bar all’aperto con band di indie rock di vario genere. Tutti con un gran suono.
It’s our time, si suona al Submerged, alle spalle del palco una parete d’acqua. E’ come fossimo in un acquario. Soliti problemi di corrente, di suoni, d’altronde ci sono 5 band a sera!!! Momento topico, fine del solo di “Thin white line”, rientra la voce e…..sulla nota finale di Manuel, perfettamente a tempo…….salta la luce. Boato, delirio, 5 minuti di attesa e riprendiamo dallo stesso punto per chiudere il concerto in grande stile. Accoglienza ottima, come sempre, reazione entusiastica ma è già tempo di smontare, lasciare il palco ad un’improbabile band indonesiana di reduci/nostalgici dei Guns’n’Roses e buttarci in strada alla ricerca di qualche bel club e soprattutto qualche buona band.

La 6th, come dicevo, si è appena trasformata come nel film di Tarantino e ci facciamo largo tra mostri, vampiri di ogni specie verso lo Stubb’s, dove il programma della serata recita: Gomez, Andrew Bird e a chiudere Ben Harper….niente male! Purtroppo la fila è chilometrica e ci convince a cambiare idea. Ci sono i nostri amici Dave Rosser e Jeff Klein in città, per suonare con Ed Harcourt all’Elisium ed è lì che ci dirigiamo. Posto molto bello ma quasi tutti qui lo sono. Concerto molto bello. Super band (basso, batteria, 2 chitarre, violino, tromba e percussioni) e questo Ed al piano e chitarra è una discreta furia. Grande voce, ci sa fare e ha delle scarpe di pelle biancopitonate che lasciano il segno. La compagnia si è ridotta a me, Manuel e Roby. Dopo un’improbabile band locale di emoelectro salgono sul palco niente di meno che That Petrol Emotion, ancora in grande forma. Finiamo la serata lì con Dave e Jeff per poi tentare di rientrare in hotel col navigatore impazzito che “ricalcola”…ogni 200 miglia. maledetto!
Siamo al 20, San Antonio day. Prima, in tarda mattinata un giro di shopping folle in Congress in questi negozi di country vintage dal gusto quantomeno criticabile.

E’ estate, c’è afa, afa chiama birra e birra chiama band…tanto suonano da mezzogiorno circa…..

Ore 4 pm: carico furgone backline e partenza per San Antonio, profondo Texas. Destinazione Limelight. La rotta è quella che porta in Messico e l’arrivo è in un posto lurido, vissuto, tavolo da biliardo all’ingresso e palco, o quello che ne rimane…in fondo. Tutto sommato, una figata!

Accoglienza ottima, sono loro ad essersi informati e ad averci voluto e ci trattano con grande affetto e rispetto. Il contrario di ciò che temevamo. E infatti la serata che sulla carta poteva sembrare sottotono si rivela divertente, un ottimo concerto, bel pubblico, vera cena messicana, buona rappresentanza di vere femmine texane (roba da film..). Insomma finiamo soddisfatti, sbronzi il giusto tranne Giorgio (Prette) eroe ella serata, che ci riporta a Austin sani e salvi…praticamente da solo, visto che 5 min. dopo la partenza, tutti dormono. Me compreso ovviamente.
Comunque, ultimo day off al South by South West. In parte va via con una troupe di L.A. che nel primo pomeriggio ci porta nei dintorni dell’hotel per filmarci suonando in giro unplugged.



Stasera suona John Parish, con P.J. Harvey e il nostro Giovanni Ferrario. Andiamo a trovarli per l’aperitivo in hotel, poi a cena insieme. John assomiglia sempre di più a Giovanni Paolo secondo (tanto anche se lo leggesse, non capirebbe), Giovanni in buona forma, emozionato ma contento e Jean Marc Butty, il loro batterista francese, simpaticissimo.

In realtà a cena restano Manuel e Roby e Roberta mentre io, i Giorgi, Ago e Simon ci ributtiamo nell’inferno dei locali, direzione Stubb’s, dove poi suoneranno John e P.J. E’ il club più bello che abbia visto qui. Palco all’aperto con copertura a forma di fauci di squalo, tre bar fuori e il locale di legno su tre piani con cucina (ottima), due grandi bar e palco al chiuso dove durante i cambi palco all’esterno suona una band di rock’n’roll di San Diego con un sound pazzesco. Sembrano i primi Black Crowes.
Fuori il programma non è esaltante come quello della prima sera ma comunque White Lies, Razorlight, P.J. Harvey & John Parish……sono sempre tanta roba. Buoni i White Lies, deludenti i Razorlight ma poi salgono John alle chitarre e banjo, Jean Marc batteria, Eric Drew Feldmann al basso e tastiere, Giovanni alla chitarra e P.J. Harvey voce, percussioni e… follia. Una delle cose migliori che abbia visto da un pò, ma visto che ho pensato la stessa cosa dopo aver visto P.J. Harvey all’Auditorium a Roma esattamente un anno fa, non mi stupisce. Allora era sola, suonava tutto e mi ha incantato, nel suo abito vittoriano. Stavolta c’è una band straordinaria sul palco, è un concerto di teatro musica. Pieno di timbri diversi, arrangiamenti estremi, grandi canzoni e una frontgirl fuori dal comune a sublimare il tutto. Si impara tanto da concerti come questo, peccato siano piuttosto rari.
Non è finita qui. Tra un’ora, all’una suonano Echo & the Bunnymen non lontano da qui, al Rusty Spurs. e ce li perdiamo?? Altro gran club, esplode di gente, riusciamo a buttarci nel retro al’aperto nell’attesa che inizi il concerto a bere un drink (l’ennesimo) con Benjamin dell’Ambitious Orchestra di NY. Posto stracolmo, non si respira, Echo e i suoi amici ci fanno aspettare più di un’ora. Alla fine ascoltiamo i primi tre o quattro pezzi, il tempo di farsi cogliere dalla nostalgia dei loro tempi andati e scappiamo via…c’è Giorgio (sempre Prette) che ci aspetta in macchina. Raccattiamo anche Ago e un Simon in grandissima forma (?!?..dal giorno dopo sarà nella back lounge con 70 di febbre) ed è finita qui l’avventura texana.
New Orleans ci attende.

Rodrigo

2 thoughts on “1^ parte – Austin e San Antonio

  1. E bravo Rodrigo… A parte la mia ignoranza riguardo molti nomi, il racconto è appassionante… e le foto rendono perfettamente l’idea.
    E’ sempre un piacere avere a che fare con voi…

  2. che spettacolo..!dalla descrizione di rodrigo traspare molto del clima che c’è la.., a dir la verità traspare molto di più il sacrificio di prette nei panni del taxista invece che del texano!grande giorgio

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